Capirei cosa fai anche ad occhi chiusi!

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Riuscire a comprendere le intenzioni altrui e le finalità di un gesto che osserviamo o udiamo compiere da qualcun altro è uno dei più straordinari “poteri” del nostro cervello. Ciò avviene in modo totalmente automatico e naturale, grazie ad una classe di cellule neuronali particolari, i cosiddetti “neuroni specchio”.

Immagina di osservare una persona che prende in mano un bicchiere pieno d’acqua e lo avvicina alla bocca o di udire il suono di un pacchetto di patatine che si apre e di una mano che vi rovista all’interno. Immediatamente, anche se non hai realmente osservato o udito tali scene, sei capace di intuire le intenzioni di chi compie tali azioni e di prevedere cosa accadrà subito dopo. Come ci riesci?

Fino a qualche decennio fa si riteneva che le operazioni di attribuzione delle intenzioni e di comprensione del comportamento altrui avvenissero per deduzione, quindi con un processo cosciente e volontario. Tuttavia, risulterà evidente anche a te, che le conclusioni a cui sei giunto rispetto alle situazioni presentate in precedenza siano “saltate fuori” in modo rapido ed inconsapevole.

La spiegazione di questo misterioso “dono” del nostro cervello la dobbiamo ad un gruppo di neurofisiologi dell’Università di Parma che, agli inizi degli anni ’90, ha fatto una scoperta per serendipità1. Tale scoperta era destinata non solo a stravolgere completamente il modo di concepire le nostre doti di “lettori delle azioni altrui”, ma anche ad aprire un nuovo e vastissimo campo di ricerca in diversi ambiti.

Nel 1991 Giacomo Rizzolatti, Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi e Vittorio Gallese svolgevano studi sull’attività elettrica nelle cortecce motorie di primati non umani (Macaca nemestrina). Attraverso dei microelettrodi in grado di rilevare l’attività di un singolo neurone, i loro studi miravano a comprendere le relazioni dell’attività nella corteccia premotoria (area F5) dei macachi con i comportamenti finalizzati, come la prensione di un certo oggetto con cui compiere una determinata azione (ad es. prendere una nocciolina e portarla alla bocca per mangiarla).

Inaspettatamente si sono imbattuti in qualcosa che non era mai stato osservato prima. Alcuni neuroni mostravano lo stesso schema di attivazione elettrica sia quando il macaco eseguiva l’azione sia quando osservava un altro – uomo o scimmia – compiere un atto motorio analogo.

In altre parole, è come se questi particolari neuroni nel sistema nervoso del macaco osservante “riflettessero” in modo speculare l’attività presente nel sistema nervoso dell’osservato. Da qui il nome di “sistema dei neuroni specchio” (Mirror Neuron System o MNS).

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Da quella prima fortunosa scoperta, uno degli obiettivi più allettanti è stato quello di dimostrare l’esistenza dei neuroni specchio nell’uomo, nonostante l’impossibilità di utilizzare metodi di osservazione diretta, come l’inserimento di microelettrodi nel cervello.

Grazie alle tecniche di neuroimaging (come la Tomografia ad Emissione di Positroni2 o la Risonanza Magnetica Funzionale3), le prove che anche nell’uomo esistesse un sistema di neuroni specchio non tardarono ad arrivare.

Inoltre, lo stesso gruppo di Parma e tanti altri laboratori in tutto il mondo, hanno continuato a svolgere ricerche su questi speciali neuroni ed hanno scoperto che:

  • sono influenzati dal contesto: quando il contesto permette di comprendere la finalità dell’azione osservata, i neuroni specchio si attivano in modo più intenso;
  • funzionano secondo processi somatotopici: si attivano zone differenziate per la comprensione di atti motori eseguiti con diverse parti del corpo;
  • possono essere “allenati”: l’esperienza motoria di comportamenti complessi determina una maggiore attivazione dei neuroni specchio durante l’osservazione di un’azione appartenente al nostro repertorio di atti motori;
  • e, certamente la scoperta più interessante, sono presenti anche in alcuni dei centri cerebrali implicati nell’integrazione e nel controllo delle emozioni, quali l’Insula e la Corteccia Cingolata Anteriore, ed in quelli coinvolti nell’elaborazione e produzione del linguaggio, come l’Area di Broca.

La scoperta che i neuroni specchio siano automaticamente sollecitati anche durante l’osservazione delle emozioni e dei gesti comunicativi altrui suggerisce il loro coinvolgimento nei processi basilari dell’intersoggettività.

Queste ultime scoperte hanno certamente portato ad una vera e propria esplosione dell’interesse per i neuroni specchio, non solo in campo neuroscientifico, ma anche in discipline affini, come la sociologia, la filosofia ed, ovviamente, la psicologia e la neuropsicologia.

Le tantissime ricerche sull’uomo e su diverse specie animali permettono di affermare con certezza l’esistenza di un meccanismo automatico, distribuito in diverse aree cerebrali, in grado di “rispecchiare implicitamente” schemi di attività neurale sulla base di informazioni sensoriali, estrapolate dal comportamento altrui.

Il ruolo che questo sistema di neuroni può rivestire in processi più complessi, invece, basati sul “rispecchiamento” tra individui, si trova ancora al centro di numerosi dibattiti tra gli esperti. Tuttavia, anche gli studiosi più scettici hanno dovuto ammettere che, almeno in parte, i neuroni specchio siano implicati in attività come la comprensione delle intenzioni, l‘imitazione, l’apprendimento implicito o “per osservazione”, la comunicazione, l’interazione sociale e l’empatia e che, un loro malfunzionamento, potrebbe causare deficit comportamentali, come si osserva, ad esempio, nei disturbi dello spettro autistico.

Dopo quasi trent’anni di ricerche sui neuroni specchio, la scoperta di Rizzolatti e colleghi ha portato ad una rivoluzione nel mondo delle neuroscienze (e non solo) che, a detta degli stessi autori, era difficile da prevedere.

Ancora oggi il fascino dei neuroni specchio continua ad esercitare la sua forza attrattiva. Nonostante i molti passi avanti per affinarne la nostra comprensione, la sensazione preponderante è che ci siano molti altri segreti da scoprire su questo straordinario sistema, che è alla base delle nostre capacità di metterci in relazione con gli altri, di comprenderne intenzioni e stati d’animo e, quindi, di saperci muovere, anche “ad occhi chiusi”, all’interno della nostra società.

“I neuroni specchio sono per le neuroscienze ciò che il DNA è stato per la biologia”

VILAYANUR RAMACHANDRAN


NOTE:

1Scoperta per serendipità: dall’inglese serendipity, si verifica quando un’osservazione sperimentale, effettuata nel corso di una ricerca condotta per studiare un certo fenomeno, sposta l’attenzione su un altro fenomeno, differente ed inatteso, portando a scoprire qualcosa di nuovo.

2Tomografia ad Emissione di Positroni (PET): è una tecnina di neuroimaging in cui un tracciante radioattivo (Ossigeno-15) viene iniettato endovena ed, interagendo con gli elettroni, emette fotoni. Questi ultimi permettono di rilevare e mappare l’attività metabolica del cervello associata allo svolgimento di un determinato compito, attraverso ricostruzioni tomografiche tridimensionali, rappresentate su sezioni assiali. L’intensità del segnale (indicata convenzionalmente con i colori rosso=attivazione e giallo = non attivazione) dipende dall’aumento del flusso sanguigno e del metabolismo di diverse sostanze, come glucosio ed ossigeno, nelle diverse aree cerebrali coinvolte nello svolgimento di quel compito. Questa tecnica di neuroimaging offre un’ottima risoluzione spaziale, ma non può essere utilizzata spesso poiché richiede la somministrazione di sostanze radioattive.

3Risonanza Magnetica funzionale (fMRI): è un’altra tecnica di misurazione indiretta dell’attività metabolica del cervello, basata sul fatto che l’ossiemoglobina (emoglobina che trasporta ossigeno) ha proprietà magnetiche differenti rispetto alla deossiemoglobina (emoglobina priva di ossigeno). Sottoponendo temporaneamente le aree cerebrali ad un campo magnetico durante lo svolgimento di un compito specifico, la registrazione del cosiddetto segnale dipendente dal livello di ossigenazione del sangue (Blood Oxygenation Level-Dependent o BOLD) permette di rilevare e mappare le aree attivamente coinvolte nello svolgimento del compito. Infatti, in queste aree (indicate convenzionalmente con il colore viola= molta attivazione rispetto a quelle di colore rosso= poca attivazione), nel giro di pochi secondi, si registrerà un aumento del flusso sanguigno per rispondere alla carenza di ossigeno dovuta all’attività metabolica in atto. Rispetto alla PET, la fMRI offre una migliore risoluzione sia a livello temporale che a livello spaziale e ciò la rende la tecnica di neuroimaging d’elezione per gli studi correlazionali sul cervello.


BIBLIOGRAFIA:

Ferrari PF, Rizzolatti G: Mirror neuron research: the past and the future, Phil. Trans. R. Soc. B, 369: 20130169, 2014.

Iacoboni M: Mirroring People. The New science of How We Connect With Others, New York, 2008, Farrar, Straus & Giroux (trad. it.: I Neuroni Specchio, Torino, 2008, Bollati Boringhieri).

Iacoboni M, Molnar-Szakacs I, Gallese V, et al: Grasping the Intentions of Others With One’s Own Mirror Neuron System, PLoS Biol 3:e79, 2005.

Pazzaglia M, Aglioti SM: Neuroscienze sociali e intersoggetività. In: Blundo C, Neuroscienze cliniche del comportamento: basi neurobiologiche e neuropsicologiche, psicopatologia funzionale e neuropsichiatria., ed 3, Milano, 2011, Elsevier.

Purves D, Brannon EM, Cabeza R, et al: Principles of Cognitive Neuroscience, 2008, Sinauer Associates, Inc. (trad. it.: Neuroscienze Cognitive, Bologna, 2009, Zanichelli).

Solarz SC: I neuroni specchio, Neuroscienze & Psicologia, vol 5, Milano, 2018, Hachette Fascicoli.

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