La privazione di sonno

Nonostante non sia stata ancora formulata e riconosciuta un’unica teoria che spieghi la specifica funzione del sonno (per un approfondimento al riguardo, clicca qui), le conseguenze della privazione di sonno e di un’elevata sonnolenza diurna sono note e piuttosto dannose sul piano fisico, neuropsicologico e della salute mentale.

La privazione del sonno può influenzare le capacità umane e il funzionamento neurale in vari modi. Grazie agli studi sulla privazione del sonno, sia nell’uomo che negli animali, sono stati osservati diversi effetti che sono stati classificati in tre distinte categorie:

  • I cambiamenti macro descrivono gli effetti sul comportamento osservabile, comprendendo le funzioni cognitive, i processi emotivi, l’attività muscolare e tutto ciò che riguarda le regioni cerebrali “maggiori”, quali la corteccia prefrontale, il talamo e l’ippocampo;

  • I cambiamenti meso riguardano gli effetti a livello neurale, comprendendo aree cerebrali, più o meno estese, organizzate in cluster definiti a livello strutturale o funzionale;

  • I cambiamenti micro, infine, si riferiscono agli effetti a livello molecolare e cellulare, ovvero quello relativo all’espressione genica e alla sintesi proteica.

Inoltre, gli studi finora si sono concentrati principalmente sugli effetti acuti della privazione del sonno sul cervello, sottolineando come nella maggior parte dei casi i deficit comportamentali rilevati si risolvano dopo un breve periodo di tempo (al massimo due notti di sonno adeguato).

Tuttavia, alcuni studi condotti sui topi sottolineano come una privazione o una restrizione del sonno cronica comporti degli effetti a lungo termine che costituiscono un fattore di rischio importante per l’insorgenza di malattie neurodegenerative come le demenze e, in particolare, la Malattia di Alzheimer.

A livello cognitivo, il sonno frammentato, la privazione totale di sonno e la restrizione cronica del sonno hanno tutti un impatto negativo più o meno paragonabile negli esseri umani, anche se ci sono lievi differenze nella tipologia di sintomi riportati.

Coloro ai quali la durata del sonno è stata ridotta di 4 ore per notte per un periodo di 14 giorni mostrano all’incirca le stesse conseguenze negative sulle funzioni cognitive di coloro che hanno sperimentato due giorni di totale privazione del sonno. Tuttavia, i soggetti sottoposti a privazione totale del sonno riferiscono anche sensazioni invalidanti di sonnolenza, stanchezza e dolore che gli individui sottoposti a riduzione cronica del sonno non manifestano.

Le abilità cognitive maggiormente colpite dalla privazione di sonno sono: i processi decisionali, la categorizzazione, la memoria spaziale, la fluidità verbale, la creatività, la pianificazione, la capacità di rilevare cambiamenti nell’ambiente e di svolgere attività cognitive complesse.

A livello psicologico, il sonno frammentato, la privazione totale di sonno e la restrizione cronica del sonno hanno degli effetti rilevanti sia sul benessere emotivo, inteso come stato d’animo passeggero condizionato da stimoli specifici, sia sull’umore,uno stato affettivo duraturo e stabile nel tempo.

La relazione tra sonno e umore è bidirezionale: lo stato d’animo sperimentato prima di addormentarsi condiziona la qualità del sonno notturno; mentre quest’ultima rispetto alla notte precedente è in grado di influenzare le emozioni provate il giorno successivo.

In particolare, una riduzione o la totale privazione del sonno comporta irritabilità, deflessione del tono dell’umore e calo di interesse per le attività quotidiane. Il protrarsi di queste condizioni può predisporre all’insorgenza di disturbi dell’umore, quali depressione, mania e/o disturbo bipolare.

Infine, a livello fisico ed endocrino, il sonno frammentato, la privazione totale di sonno e la restrizione cronica del sonno comportano diversi effetti collaterali sull’organismo che, a lungo andare, possono portare all’insorgenza di malattie cardiocircolatorie e/o gastrointestinali.

Durante il sonno vengono prodotti e rilasciati importanti ormoni nell’organismo, come l’ormone della crescita, responsabile dello sviluppo in età evolutiva e del mantenimento di un fisico sano nell’età adulta-anziana, e la leptina, correlata al controllo dell’appetito e alla sensazione di fame.

Inoltre, un’ adeguata quantità e qualità del sonno influisce anche sul sistema immunitario. Infatti, difficoltà nel dormire protratte nel tempo aumentano sensibilmente il rischio di infezioni e infiammazioni e possono favorire lo sviluppo di tumori e neoplasie.

In conclusione, dormire è un bisogno primario da non sottovalutare ed è importante dedicargli la giusta attenzione. In caso di disturbi del sonno è necessario individuarne le cause e intervenire tempestivamente per cercare di risolverli per evitarne la cronicizzazione.

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