Come funziona la Neuroplasticità?

La neuroplasticità o plasticità cerebrale consiste nella capacità del nostro cervello di modificarsi in base alle esperienze e all’ambiente in cui siamo immersi durante il corso della nostra intera esistenza (come abbiamo visto qui).

Questo processo naturale con cui il nostro cervello è in grado di creare nuove connessioni sinpatiche è più complesso di quanto si immagini, tanto che non è ancora stato del tutto compreso. Quello che sappiamo è che la neuroplasticità che avviene nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) è attribuibile ad almeno 3 tipi di meccanismi:

  • la modificabilità della trasmissione sinaptica, grazie alla quale i neuroni modificano i propri terminali neuronali (assoni e dendriti) per implementare la capacità di comunicazione l’uno con l’altro attraverso i potenziali evocati (per un approfondimento su questi concetti, clicca qui). Tale modificabilità, a sua volta, può essere distinta in funzionale (anche detta plasticità intrinseca), se ciò che si modifica è la quantità di neurotrasmettitore rilasciato, o morfologica (anche detta plasticità strutturale), se viene modificata la struttura anatomica dell’elemento pre-/post-sinaptico.
  • lo sprouting, letteralmente il “germogliare” della connettività sinaptica, che permette la creazione di nuove connessioni sinaptiche tra neuroni adiacenti, con un rafforzamento delle connessioni più utilizzate. Il processo opposto allo sprouting, è il prouning, letteralmente “sfoltimento” della connettività sinaptica, che comporta l’indebolimento delle connessioni meno sollecitate fino alla loro completa sparizione.
  • e la neurogenesi, ovvero il fenomeno di proliferazione di cellule cerebrali che avviene in modo massiccio durante il neurosviluppo, ma si mantiene in alcune aree specifiche anche nell’adulto. In particolare, nel giro dentato ippocampale e nel bulbo olfattivo.

Un’altra distinzione che si può fare fra i diversi tipi di neuroplasticità riguarda i fenomeni che innescano tali processi. Infatti, oltre ad essere un fenomeno naturale che avviene in una certa misura costantemente nel nostro cervello in base alle nostre esperienze e all’apprendimento, ci sono alcuni eventi che possono determinare fenomeni di plasticità massiccia. Un esempio classico è quello delle lesioni cerebrali, che comportano processi ri-adattivi importanti con cui il cervello cerca di riorganizzarsi e di trovare “strade alternative” per sostuire le connessioni perse (plasticità reattiva).

Il fatto che i fattori ambientali, le esperienze e gli apprendimenti determinino il processo della neuroplasticità è stato dimostrato anche nell’uomo, grazie all’utilizzo delle moderne tecniche di neuroimaging, come la Tomografia ad Emissione di Positroni1 o la Risonanza Magnetica Funzionale2, che hanno permesso di osservare i mutamenti dinamici delle rappresentazioni cerebrali in seguito all’apprendimento di specifici compiti. Ne è un esempio il famoso esperimento condotto da Woollett e colleghi (2011) con i Tassisti di Londra che ha rilevato un aumento di volume bilaterale dell’ippocampo posteriore (adibito all’apprendimento e alla memoria spaziale) ed una correlazione diretta tra tale volume e la quantità di tempo trascorso a lavorare come tassista rispetto ad un gruppo di controllo equiparato per età.

Sembra sempre più evidente che la neuroplasticità sia un processo essenziale per la nostra sopravvivenza, non solo come individui ma come intera specie, e certamente c’è ancora tanto da scoprire rispetto a questa straordinaria abilità del nostro cervello.

Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento.

CHARLES DARWIN

NOTE:

1Tomografia ad Emissione di Positroni (PET): è una tecnina di neuroimaging in cui un tracciante radioattivo (Ossigeno-15) viene iniettato endovena ed, interagendo con gli elettroni, emette fotoni. Questi ultimi permettono di rilevare e mappare l’attività metabolica del cervello associata allo svolgimento di un determinato compito, attraverso ricostruzioni tomografiche tridimensionali, rappresentate su sezioni assiali. L’intensità del segnale (indicata convenzionalmente con i colori rosso=attivazione e giallo = non attivazione) dipende dall’aumento del flusso sanguigno e del metabolismo di diverse sostanze, come glucosio ed ossigeno, nelle diverse aree cerebrali coinvolte nello svolgimento di quel compito. Questa tecnica di neuroimaging offre un’ottima risoluzione spaziale, ma non può essere utilizzata spesso poiché richiede la somministrazione di sostanze radioattive.

2Risonanza Magnetica funzionale (fMRI): è un’altra tecnica di misurazione indiretta dell’attività metabolica del cervello, basata sul fatto che l’ossiemoglobina (emoglobina che trasporta ossigeno) ha proprietà magnetiche differenti rispetto alla deossiemoglobina (emoglobina priva di ossigeno). Sottoponendo temporaneamente le aree cerebrali ad un campo magnetico durante lo svolgimento di un compito specifico, la registrazione del cosiddetto segnale dipendente dal livello di ossigenazione del sangue (Blood Oxygenation Level-Dependent o BOLD) permette di rilevare e mappare le aree attivamente coinvolte nello svolgimento del compito. Infatti, in queste aree (indicate convenzionalmente con il colore viola= molta attivazione rispetto a quelle di colore rosso= poca attivazione), nel giro di pochi secondi, si registrerà un aumento del flusso sanguigno per rispondere alla carenza di ossigeno dovuta all’attività metabolica in atto. Rispetto alla PET, la fMRI offre una migliore risoluzione sia a livello temporale che a livello spaziale e ciò la rende la tecnica di neuroimaging d’elezione per gli studi correlazionali sul cervello.


BIBLIOGRAFIA:

Kandel ER, Schwartz J, Jessel T, et al: Principles of Neural Science, 1981, Elsevier, (trad. it.: Principi di Neuroscienze, 1994, C.E. Ambrosiana, Milano).

National Geographic (2019). La Plasticità Cerebrale. Siamo Architetti del nostro cervello? RBA Italia, Milano.

Rosenzweig MR, Leiman AL, Breedlove SM: Biological Psychology: An Introduction to Behavioral, Cognitive, and Clinical Neuroscience, 1999, Sinauer Associates, Sunderland, Massachusetts.

Woollett K, Maguire EA: Acquiring “the Knowledge” of London’s Layout Drives Structural Brain Changes, 2011, Current Biology.


La Dott.ssa Romina Quaglieri Pantanella, Educatrice Professionale Socio-Pedagogica e Dott.ssa in Psicologia ad indirizzo Comportamentale e Cognitiva Applicata si occupa di Neuroscienze, con un Master di Specializzazione in Neuropedagogia dei Processi Cognitivi  e un’Alta Formazione nell’ambito della Psicopatologia e della Psicologia Perinatale. Ha un approccio sia  psico-socio-educativo pedagogico che cognitivo-comportamentale. Inoltre, è Tutor DSA e BES e Tecnico ABA-RBT. Nel ritenere che ogni forma di AIUTO alla persona non può non considerare quegli aspetti bio-psico-socio-culturali, epigenetici e filosofici-scientifici, concorre alla divulgazione di nozioni, saperi, informazioni e ricerche che possono essere di aiuto alla conoscenza collettiva.

Un pensiero riguardo “Come funziona la Neuroplasticità?”

  1. È proprio vero: è il cervello che con la sua neuroplasticità è il “muscolo” più importante del corpo!

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    martedì 20 settembre 2022, 00:12 +0200 da

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